I Domenica

di Avvento (anno C)

Lc 21, 25-28.34-36

Iniziamo il tempo dell’Avvento con una liturgia della Parola che annuncia la promessa del germoglio con il profeta Geremia (1° lettura), con la risposta dell’uomo espressa nel Salmo 24 e con la risposta esistenziale che invita a progredire nella fede fatta da san Paolo apostolo. Di seguito il Vangelo che ci esorta a stare attenti per cogliere la venuta del Signore con sobrietà, vigilanza e preghiera. Facciamoci subito un proposito e chiediamoci che cosa sia essenziale per la mia vita alla luce della Parola ascoltata.

I vostri cuori non si appesantiscano.. per vegliare e avere la forza di fuggire. Il cuore appesantito dalle dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita non riesce a fare spazio alla forza necessaria della preghiera e tanto più diviene incapace di attendere la venuta del Signore per comparire alla sua presenza. Viene in mente la beatitudine della purezza. Un cuore libero diviene capace di vedere Dio e il fratello.

Come un laccio. Quel giorno si abbatterà come una laccio. Viene in mente il cinghiale che nella sua ricerca affannosa del cibo non si accorge del laccio nel quale all’improvviso viene preso. Le cose che viviamo rischiano di essere come come un qualcosa che ci distolgono dall’essenziale della vita. Il Signore mi dice: alza gli occhi.

Il laccio è qualcosa che mi tiene legata nei pensieri e nella volontà. A volte ci attacchiamo per fragilità al laccio dell’orgoglio e dell’egoismo. Invece devo legarmi con la preghiera all’unico laccio che è Cristo.

Il laccio ti prende e non ti lascia, il vincastro invece ti prende ma è aperto, cioè ti prende per salvarti e liberarti.

Liberazione vicina. Il conteso del brano dà un tono negativo alla situazione, ma in realtà il tutto è un invito ad alzare lo sguardo per vivere le paure. Quali sono le mie? La sofferenza mia e degli altri, la paura di sentirsi non accettata o giudicata dagli altri, la paura delle cose nuove. Allora ecco la forza per alzare lo sguardo con la consapevolezza che, anche se non lo sento Lui c’è. E’ come il centurione che chiede la guarigione del suo servo e dice a Gesù che non occorre che Lui vada nella sua casa perché è certo che Lu ci sarà ugualmente.

L’immagine di Pietro che cammina sulle acque e che affonda quando non guarda più al Maestro e viene preso dalla paura è lo stesso che accade a noi quando veniamo presi totalmente dalle cose del mondo e bloccati dalle paure. Nella paura l’uomo muore, ma guardando a Gesù veniamo risollevati

Ringraziare Dio… Ringraziare Dio che è venuto in mezzo a noi per poi alzare lo sguardo, cioè cambiare prospettiva per vivere le cose. State attenti, vegliate, sono indicazioni che Gesù ci dà per comparire davanti a Lui.

State attenti a voi stessi. Nel mio rapporto con  Gesù non sempre lo ascolto. Il mio atteggiamento è quello di avere paura di fronte agli avvenimenti brutti della vita. Lui ci invita ad alzare il capo con la confessione, i sacramenti, la Vergine Maria. Senza un aiuto concreto non riusciamo a rivolgere con fiducia lo sguardo verso Gesù.

In questa lectio è emersa più volte la parola PAURA. Facciamo nostre queste parole: “Dall’oratio (preghiera) nasce la consolazione. Lo uso nel senso di paraklesis (consolazione) evangelica che si sperimenta quando nel cuore nascono gioia e affinità con gli atteggiamenti evangelici proposti dal messaggio del testo. In quel momento si avverte il tocco di Dio. Consolatio è il dunque il gusto delle cose di Dio, di Dio come Dio, della verità, della castità, del sacrificio, dell’amore. E’ il gusto dei frutti dello Spirito Santo. E’ per questa consolatio che i santi compiono tante opere, sostengono tante fatiche apostoliche, che i martiri affrontano le persecuzioni.