XXXIII Domenica
tempo ordinario (anno B)
Mc 13, 24-32
Con la liturgia della Parola di questa domenica iniziamo ad entrare nel linguaggio degli “ultimi tempi” che ci accompagnerà fino al tempo dell’Avvento. Sono testi dell’Antico e del Nuovo Testamento così detti apocalittici, cioè di rivelazione, che annunciano l’arrivo degli tempi ultimi o tempi conclusivi. Ma sorge una domanda: questi scritti sono da intendersi solo in proiezione futura, cioè rivolti ad informare la comunità sulla fine del mondo e il conseguente giudizio? In parte si, annunciano e rivelano una fine, ma in parte parlano anche del tempo immediato che in questo caso è il momento della crocifissione di Gesù. Non ci risulti strana questa modalità, ma è caratteristica dei testi profetici mantenere vivi i due poli: quello prossimo e quello che si verificherà a lungo termine.
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Di tutto il brano proclamato in questa domenica, questo versetto è quello più importante, poiché ci dice cosa è essenziale e duraturo di fronte agli sconvolgimenti del mondo e alle vicende violente degli uomini. Gesù invita i credenti a rimanere fermi sulle sue parole che non passeranno mai.
Nell’attesa finale quando cadono i punti di riferimento della tua vita devi fidarti della parola di Gesù.
Vivere il quotidiano sapendo che le cose passano e finiscono.
Il linguaggio apocalittico potrebbe metterci paura, ma Gesù ci esorta a vincere la paura fidandoci di Lui che è salvezza.
Dopo questa tribolazione. Di quale tribolazione parla l’evangelista Luca? Forse la distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C., oppure l’evento della croce di Gesù durante il quale il sole si eclissò.
Questa generazione. Quale è la generazione che vedrà accadere questi eventi? Probabilmente è quella contemporanea a Gesù.
Sappiate che egli è alle porte. Gesù sta alla nostra porta e spetta a noi aprirla per accoglierlo. La visione apocalittica è carica di speranza proprio perché Gesù sta alla porta.