XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (anno A)

Mt 25, 14-30

PAURA E GIOIA

 

Avverrà come a un uomo che partendo… L’uomo che parte è l’immagine di Dio che crea l’uomo e gli dona i talenti, a ciascuno secondo le sue capacità, perché egli ha fiducia della sua creatura. Non sta li a controllare e a misurare, ma dona con fiducia nell’altro.

I talenti. I talenti non sono le capacità naturali in possesso della persona, ma sono le virtù teologali, fede, speranza e carità e le virtù cardinali e morali. E’ interessante notare che coloro che si fidano di Dio sono al lavoro e hanno un’idea del Padrone come di uno per il quale vale la pena lavorare. L’unico invece che lo sotterra ha un’immagine sbagliata del Padrone, non si fida di lui e non gli importa del dono di grazia.

Il talento ha un valore grandissimo, ma il segreto è la fedeltà nel poco.

I talenti sono 5,2, 1, e questo significa che ciascuno è chiamato a portare la propria unicità. Non si parla in termini di quantità, quanto hai fatto o quanto hai prodotto, ma di esprimere la propria unicità.

Ho avuto paura. La paura può essere figlia del peccato e ci fa chiudere in noi stessi impedendoci di vedere l’amore di Dio. In questo meccanismo, scrive l’autore della lettera agli Ebrei, il diavolo ci tiene legati per poi dominarci con il peccato. Inoltre la paura non ci permette di tirar fuori i doni che Dio ci ha fatto.

Toglietegli il talento. Quel servo non sa che farsene del talento e di conseguenza anche di Dio. Per lui il talento è un di più non sa che farsene.

Di per sé non è Dio che toglie il talento, ma è la vita stessa; quando si vive senza fede, speranza e carità il talento viene meno.

Vieni servo buono e fedele. E’ bello sentirsi dire questo da Dio.

Paura e Gioia. Sono due espressioni contrastanti. La prima nasce dall’avere un’idea sbagliata di Dio: giudice, calcolatore e controllore che rende sterile la vita. La seconda è l’espressione di una partecipazione all’amore di Dio in modo fiducioso e operativo che si compirà anche nel giudizio finale.